Alberto D'Atanasio

"Il viaggio del Giovane Vecchio"
Interludio

Definire un artista non è mai facile è meglio scrivere di com’è stato pensato e di come la gente comune considera questa figura sospesa fra trascendente e razionale. Anche perché io non so dare definizione dell’artista se non per ciò che produce e per il suo percorso iconologico e poi in una vita sempre più razionale dove non c’è più posto né per fiabe né per favole, l’artista diviene indispensabilmente l’indefinibile per antonomasia. L’Artista non si deve definire egli è come un varco tra la vita che scorre trasportata dal tempo e dai tempi e la fantasia che è sede delle speranze e dei sogni di ognuno. Neruda diceva che la poesia non va spiegata perché si comprende dall’emozione che suscita così, è per l’artista che dipinge, scolpisce crea immagine o che scrive non si può definire altrimenti perde la sua aura di catalizzatore di tutte le tensioni del cosmo, del cosmo intero.

.D’Altra parte l´artista da sempre è colui che dà visibilità all´invisibile anche a quei desideri da tener celati perché fanno arrossire la comune morale.

È una sorta di radio che riceve sia da spiriti benevoli che maligni e si mette come a disposizione d’ispirazioni che appartengono alla invenzione e all´irrazionale, e a tutto ciò che l´uomo comune può vivere solo nella fantasia. Gli antichi pensavano che fossero le muse a ispirar tutti gli artisti, dai poeti agli attori financo ai musicisti e ai pittori. In epoca rinascimentale e fino al neoclassicismo si pensò che non fossero le muse ma angeli o demòni che venivano ad ispirare e a condurre cuore, mente e mano dell´artista. Angeli e demòni, figure di luce e tetre personificazioni, entità luminose opposte a quelle tenebrose e l´artista all’una o all’altra sceglie di dar servigio. Ricordo disegni che vedevano rappresentati Beethoven circondato da demoni musicisti che gli correggevano gli spartiti e Niccolò Paganini disegnato con un demonio dietro le spalle che sussurrava all’orecchio la musica da eseguire, Van Gogh interpretato da un Kirk Douglas che ne risaltava l’animo turbato da angeli, demoni e una solitudine temuta e ricercata.

E poi parafrasando un brano di una lettera che proprio Vincent Van Gogh scrisse a suo fratello Theo, si potrebbe affermare che l´artista è tale se riesce a carpire l´ineffabile e a dar immagine a ciò che forma e figura non può avere. Una sorta di creatura, l’Artista, che ha ricevuto più di altri la mistica scintilla del creatore e non può che viver male su una terra che poco sa del paradisiaco luogo da cui è pervenuta. Io spero, talvolta, che se un Dio esiste dovrebbe, degli artisti, aver più pietà che per ogni altro uomo oppure ogni uomo considerare Artista.

Ma ciò che l’artista produce e dona suo malgrado l’umanità talvolta non corrisponde con il suo modo di fare e di relazionarsi con le persone quasi che l’opera d’arte sia essa una immagine o una musica o una poesia sia esattamente l’opposto della persona che l’ha creata. Come se un orco fosse stato pervaso da un demone benigno e l’abbia ispirato e non ci fosse alcuna relazione tra creatore e la cosa da lui creata.

Così mi piace cominciare a parlare di Ciro Palumbo la sua persona e il suo modo di fare sono come le sue pitture, fatte di sogno e d’immaterialità. Tempo fa conobbi un cantautore che ha fatto sognare con le sue opere me, come tanti altri, Francesco De Gregori, lui ha scritto parole e musiche che hanno segnato un’epoca, le sue canzoni hanno permesso ai ragazzi che ora sono padri di dire, all’oggetto dei loro desideri, concetti che altrimenti sarebbero restati muti, e fatto in modo di materializzare in suoni e versi ciò che altrimenti sarebbe restato inespresso in termini di rabbie, speranze e libertà e non solo nei fatidici anni ’70, ma ancora oggi.

Così canzoni come “signora aquilone”, “rimmell”, “pablo”, “quattro cani per strada”, “titanic” fino a “sempre e per sempre” sono divenute più che semplici canzoni la figura e insieme la cornice per momenti divenuti memoria e patrimonio dei ricordi più belli di molte persone. De Gregori ha chiuso in brevi versi il suono stesso che parte dal cuore e arriva al cervello e rigenera tutto il corpo. È questo anche il senso e la vocazione di certi artisti, oserei dire di quelli che restano nella storia, cioè il permettere a molti di esprimere le emozioni le sensazioni come pure le rabbie e i desideri e le speranze. Ma se Ciro Palumbo sembra il depositario di un fare arte che quasi lo supera e che celebra in ogni opera con una tecnica che permette all’opera di generarsi stesura dopo stesura per altri artisti non è la stessa cosa, lui stesso si stupisce di come la creazione abbia scelto lui per divenire l’araldo della creatività. Le sue opere sono come la materializzazione di una idea che dall’assoluto, o dall’infinito si canalizza nell’artista, Ciro Palumbo non fa altro che dare materia e figura all’idea. E un poco come fu per Michelangelo Buonarroti lui liberava l’idea dalla materia che la opprimeva quasi che il marmo in più, fosse un involucro che imprigionasse una figura eterna, che nella grezza materia è imprigionata. In Francesco De Gregori non è la stessa cosa. Quando lo conobbi ed ebbi modo di parlare con lui trovai un uomo diffidente e indifferente, scortese e dedito più alle attenzioni delle persone di potere, di partito piuttosto che alla gente comune. Una persona completamente diversa da ciò che facevano pensare le sue opere, tanto diversa, troppo diversa, tanto che le volte successive lo guardavo con distacco e sorridevo e lui era quasi incuriosito dai miei sguardi che non vedevano più un poeta capace di dar volto a ciò che nel profondo di ognuno vedevo un poeta stronzo ed egoista e che resterà sì nella storia, per le sue canzoni e per la sua incoerenza nella relazione con gli altri. Palumbo è altra cosa, dipinge prendendo la tecnica della tempera a olio che rielabora in tutti i suoi passaggi che non sono pochi e quindi ogni opera richiede tempo e meditazione fino all’ultima stesura di luce e lucidi. Forse è questo che fa sì che Ciro Palumbo risenta più che De Gregori dell’arte che crea.

Questa mostra è nata da un testo che ho scritto tempo fa per una scultura di Franco Filoni mi ispirò il viaggio del giovane vecchio, un guerriero che si siede e prova a specchiarsi anche nella lama della sua spada e riflette sul tempo passato e che passerà. Sono passati 20 anni e nel gioco dei ricordi parlando con Ciro è venuto naturale parlare della vita e di colui che arrivato a un certo punto del Viaggio si ferma e si guarda indietro per vedere cosa è successo e provare a intravedere cosa accadrà.

Così dal quel brano nasce o meglio riparte il viaggio del giovane vecchio o del vecchio giovane e Ciro Palumbo dona immagine a ciò che altrimenti resterebbe solo parola scritta, ma si sa che la istoria per essere narrata delle figura abbisogna… La genialità della pittura di questo artista si spiega nel suo percorso professionale, è nato come grafico pubblicitario ed è approdato alla pittura riscoprendo le tecniche antiche sia della raffigurazione sia dela tecnica a tempera a olio. Il suo modo di fare immagine torna a condurre l’osservatore alla meraviglia al gioco dei ricorddi sommersi dal presente, allo stupore e quindi all’introspezione. Un’altra peculiarità dell’opera di quest’artista è quella di unire in maniera armonica, l’idea concettuale che fu dell’arte metafisica con quella che fu la base del concetto dell’arte surrealista, due movimenti che Palumbo fonde usando l’amalgama della melanconia e della nostalgia quasi che in lui, dipingendo, cantino in un’unica voce, il suo essere bambino, ragazzo e uomo.

Se la metafisica si realizza nella rappresentazione di oggetti e scenari propri di una realtà che è fatta di una verità nuova che si cela in ogni oggetto, figura se solo si riesce a vederli o a immaginarli al di fuori del loro contesto”, spiega Giorgio De Chirico, e il surrealismo fu invece ricerca del non senso delle cose, del rapporto tra visione e racconto, della creazione di situazioni inattese e impossibili, della valorizzazione degli aspetti onirici e di ciò che cambia l’imagine in imago, magia come scriveva Renè Magritte, in Ciro Palumbo queste due correnti artistiche diventano concetti basilari su cui l’idea ispiratrice prende forma. Le opere di questa mostra sono anche l’evidenza del percorso artistico di Palumbo e non stupisce se in ogni quadro l’osservatore ci si rotrova perché lo stesso racconto “il viaggio del giovane vecchio” è fatto come le opere dell’artista, di umanitas, di cose comuni, di oggetti e di figure che fanno il quotidiano e diventano ricordi con la vita che passa.

Ma il compito che si è prefissato quest’artista è di dare rilievo a quell’emozione che è anche se uguale per tutti, rende ogni persona diversa per se uguale. Come se ciò che rende diverso effettivamente un uomo dall’altro è anche ciò che lo unisce e cioè il provare emozioni, sensazioni, sentimenti. Ogni elemento e simbolo nei quadri di Palumbo è avulso dalla casualità. Il cielo diventa così, lo sfondo, dove il tempo scrive gli aneliti dell’uomo con gli astri che passano e le nubi che segnano i tempi. L’acqua è il passaggio, simboleggia il cambiamento. Le statue sono la storia antica, che da voce a quella ancestrale, le statue sono la religiosità che si mischia con il misticismo antico e diviene magia e miracolo allo stesso tempo. I giochi sono la fanciullezza di cui si ha bisogno per fermare Crono e lasciare che sia Apollo o Dioniso con le loro ninfe e muse a guidarci nel Viaggio della vita, perché è nelle cose piccole che si specchia l’infinitamente grande. Nella filosofia che dipinge Palumbo Ares smette, almeno per un poco, i panni da guerriero e indossa quelli del giardiniere, e ci da l’illusione che sia per sempre. In questo modo il quadro può divenire una sorta di finestra sull’irrealtà del tempo che fu e su i sogni che ancora restano da vivere.

Nelle opere di quest’artista c’è la consapevolezza di essere uguali e diversi nell’animo, c’è la priorità e il rispetto per le cose che nutrono l’anima e la mente perché gli interessi materiali diventino necessità e mai superiorità. Perché nella favola che Ciro vuole raccontare, si legge che è questo che salverà il mondo e renderà finalmente ogni creatore, ogni creativo simile alla cosa da lui creata, Ciro Palumbo l’ha capito e ce lo racconta con la sua fiaba, con il suo viaggio, il viaggio del giovane vecchio, l’interludio.


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IL VIAGGIO DEL GIOVANE VECCHIO
Mostra personale di Ciro Palumbo


dal 19 giugno al 4 luglio 2010

Storici locali di Via di Visiale - Festival dei 2Mondi - Spoleto

a cura di Alberto D'Atanasio



orario: dalle 17e30 alle 24

inaugurazione: 19 giugno 2010 alle ore 18,30


Il Festival dei due Mondi di Spoleto, che avrà luogo dal 18 giugno al 4 luglio 2010, è una manifestazione che per molti anni è rimasta nel suo genere l'unica in Italia ed ad oggi, a livello nazionale, europeo e internazionale, rappresenta uno dei più importanti eventi culturali.
Caratteristica della manifestazione è l'originalità, l'inusualità e talvolta l'esclusività degli spettacoli proposti.

Quest’anno come nel precedente è Vittorio Sgarbi a compiere un percorso di notevole importanza perché pone la storia dell’arte e la lettura delle opere su di un piano dialettico fruibile per tutti. Questa caratteristica rende ogni mostra da lui curata, un punto importante per far di una esposizione non una nicchia riservata a pochi eletti, ma un evento culturale, di conoscenza, a cui tutti possono giungere e avere consapevolezza dell’artista e del suo fare arte.

Gli artisti che verranno proposti, sono talenti contemporanei che nella magia del Festival espongono insieme ad artisti ormai acclarati della Storia dell'Arte.

La mostra di Palumbo è nei prestigiosi storici locali di Via di Visiale adiacenti alla casa romana che fu di Polla Vespasiano, madre dell'imperatore Vespasiano.


www.festivaldispoleto.com

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Di seguito, alcune delle opere in mostra

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"Il luogo della magia"
Olio su tela
50x60 cm
2010

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"Il Viaggio del Giovane Vecchio"
Olio su tela
70x140 cm
2010

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"Al risvegliarsi del mondo"
Olio su tela
80x70 cm
2010

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"Train de vie"
Olio su tela
30x40 cm
2010

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"Viaggio dell'isola sconosciuta"
Olio su tela
150x150 cm
2010

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"Il viaggio"
Olio su tela
120x120 cm
2010

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"L'isola del sogno sospeso"
Olio su tela
80x100 cm
2010

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"Viaggi nelle città metafisiche"
Olio su tela
80x120 cm

2010

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Collaboratori