Chiara Manganelli

IL LUOGO DEL NON LUOGO
LA CITTA' ALTROVE
OLTRE LA REALTA' FISICA:
POLIS META-FISICHE'
DI CIRO PALUMBO

"I sogni non vogliono farvi dormire, al contrario, vogliono svegliare."
(R. Magritte)

Un luogo etereo, silente, affastellato di simboli magici e onirici, dove ogni cosa non si limita a essere unicamente ciò che sembra, ma racchiude sempre una doppia anima, una lettura “altra”, una sfumatura nascosta che si svela solo se si è capaci di superare i consueti canoni interpretativi per abbracciare strade nuove e sorprendenti. In questo luogo ciò che appare rimanda altrove, a substrati dimensionali e temporali seppelliti tra le stropicciature ammiccanti e sonnecchianti di un “Io” segreto e arcaico, evanescente ma potente, teatro di stratificazioni emotive, spirituali e “filogenetiche” millenarie, magnificamente feconde e visionarie. Un mondo che serba nella propria essenza significati arcani e trascendenti, che trovano senso e intelligibilità solo compiendo un salto quantico all'interno di noi stessi.
E' la “Polis Meta-fusichè”, il nuovo progetto artistico di Ciro Palumbo, che richiama capolavori della letteratura e del pensiero filosofico come la “ Res Pubblica” di Platone”, “Utopia” di Thomas More, “La Città del Sole” di Tommaso Campanella e le “Città Invisibili” di Italo Calvino.
I riferimenti concettuali a questi testi sono più o meno evidenti e palesi, ma in Palumbo non c'è, ovviamente, una volontà di teorizzare un sistema politico ottimale da applicare a un qualche sistema sociale. L'analisi del pittore torinese va ben oltre e si articola su un altro piano di realtà: egli parla per simboli figurativi senza voler stabilire aprioristicamente dei canoni e dei parametri universali. E' colui che guarda che deve decodificare i messaggi presenti sulle tele di Palumbo, e percepirli, elaborarli, farli propri, grazie a un processo maieutico che parte dall'evocazione di una miscellanea di sensazioni ed emozioni – magnifica prerogativa esclusiva dell'arte - per arrivare a una consapevolezza profonda di Sè e di ciò che ci circonda. Dunque, come nelle “Città Invisibili” le città esistono solo nella mente del viaggiatore (Marco Polo), così, nella polis metafisica, è lo spettatore che crea la sua città nel momento in cui la contempla, rendendola viva, pulsante, reale e tangibile. E Palumbo, come Calvino, diviene l'affabulatore che inventa e plasma i mondi che dipinge, trasformando la pittura in “metapittura”, attraverso un processo “metanarrativo” per immagini.
La città metafisica è dunque un'utopia. Ma il termine deve essere inteso secondo l'accezione originale, dal greco antico (“ou-topos” = non-luogo), e non secondo l'accezione che ha assunto nell'attuale vocabolario comune, che l'ha snaturato, trasformandolo in sinonimo di qualcosa di irrealizzabile e impossibile. Il “non-luogo” è un luogo che, al contrario di quanto potrebbe apparire, non nega altri ipotetici luoghi attraverso una determinazione precisa e categorica di attributi e valenze, bensì è il luogo che, proprio perchè non si caratterizza in modo preciso e incontrovertibile, può essere tutti i luoghi possibili. Qui la negazione non è un limite o un vincolo, ma una risorsa, una chiave che apre infinite serrature.
La città, normalmente, ci fa pensare a qualcosa di soffocante, a un gorgo ingarbugliato di cemento liquido e caos. Ma la città metafisica è cosa assai differente. E' un “non-luogo”, appunto, e come tale, in virtù di un sillogismo quasi naturale, è il luogo del Sogno.
La polis di Palumbo ammicca, seduce, ma bandisce dalle proprie vie e piazze l'occhio raziocinante, il Sè cerebrare che tutto controlla (o si illude di controllare!) e tutto ghermisce con ottundimento e arroganza, secondo inappellabili e ferree regole “algebriche”.
Questa “città del sogno” si snoda tra i dedali affascinanti e ambivaleti dell'inconscio, e lì si nutre di linfa e di luce.
Tra i palcoscenici suggestivi delle opere di Palumbo, popolati da angeli e palazzi irriverenti e indisciplinati, appare un'isola fantasmagorica, sospesa tra mare e terra; essa rappresenta il tempio consacrato all'universo onirico. E qui c'è un chiaro riferimento alla “Città del Sole” di Campanella.
L'isola è il territorio di partenza e di approdo; è al contempo una porta che si spalanca su viaggi rocamboleschi e una sorta di Itaca metafisica, che fluttua oltre il tempo, nutrendosi dei sogni latenti dell'anima.

"Se nel sonno la coscienza si addormenta, nel sogno l'esistenza si sveglia."
(M. Foucault)

Chiara Manganelli


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